Losurdo Domenico - 2016 - Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente by Losurdo Domenico

Losurdo Domenico - 2016 - Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente by Losurdo Domenico

autore:Losurdo Domenico [Losurdo Domenico]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Political Science, History & Theory, Peace
ISBN: 9788843081875
Google: G20KkAEACAAJ
editore: Carocci
pubblicato: 2016-06-28T00:00:00+00:00


6.3. «Il capitalismo porta in sé la guerra come la nube la tempesta»

Finché permaneva il sistema capitalistico, la guerra era all’ordine del giorno; l’avvento della società industriale, lungi dall’essere una garanzia di pace, come ritenevano i positivisti, avrebbe reso la guerra ancora più devastante: così argomentava Engels, che nel 1895 metteva profeticamente in guardia: all’orizzonte si andava profilando «una guerra mondiale di un orrore inaudito e di conseguenze assolutamente incalcolabili» (ivi, vol. 12, p. 517).

In quello stesso anno, Jean Jaurès, esponente di punta del Partito socialista francese, ribadiva anche lui il nesso che legava strettamente capitalismo e guerra, e lo ribadiva facendo ricorso a una metafora che poi divenne celebre. Rivolgendosi in particolare alla maggioranza borghese della Camera dei deputati e dando voce a una convinzione assai diffusa nelle file del movimento operaio internazionale, egli dichiarava: «La vostra società violenta e caotica, anche quando vuole la pace, anche quando si trova in stato di apparente riposo, porta in sé la guerra, come la tranquilla nube porta in sé la tempesta». Fondato com’era sullo sfruttamento e sull ’oppressione, il capitalismo era caratterizzato da una sorta di darwinismo sociale che si manifestava sul piano interno come su quello internazionale. Non a caso, a svolgere un ruolo rilevante nell’ambito del sistema capitalista era l’industria della morte, erano la produzione e lo smercio delle armi, che anzi diventavano «la prima, la più eccitante, la più febbrile delle industrie». La «concorrenza illimitata» tra i gruppi capitalisti che detenevano la proprietà dei «grandi mezzi di produzione e di scambio» si manifestava anche come contesa per la spartizione delle colonie, sicché «le grandi competizioni coloniali» - osservava lucidamente il leader socialista francese - tendevano a sfociare in «grandi guerre tra i popoli europei» (Jaurès, 1959, pp. 85-9).

Proprio perché condannava con nettezza il colonialismo, la requisitoria contro il capitalismo non faceva distinzioni di rilievo tra i diversi paesi europei. Cinque giorni prima di essere assassinato, il 25 luglio 1914, Jaurès (ivi, pp. 231-2), mentre già vedeva incombere sull’Europa la «nube della tempesta» bellica, sottolineava un punto importante: del «cataclisma» e della «barbarie» omicida che erano sul punto di scatenarsi la Francia, con la sua «politica coloniale», non era meno responsabile dei suoi concorrenti e antagonisti.

In modo analogo argomentava in quegli anni anche Karl Kautsky, che vedremo più tardi rendere omaggio al mondo anglosassone in quanto fondamentalmente immune dall’ubriacatura militaristica. Nel 1907, però, nell’ambito di una condanna del capitalismo nel suo complesso, l’esponente di primo piano della socialdemocrazia tedesca metteva bene in evidenza il carattere violento e gravido di guerra del colonialismo, in quel momento rappresentato in primo luogo dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Si trattava di violenza e di guerre che potevano assumere carattere genocida: il loro obiettivo era non solo di «reprimere» ma, talvolta, di «distruggere interamente le popolazioni indigene». L’atto di accusa investiva direttamente e in primo luogo la politica coloniale «inglese, olandese, americana». Ovviamente, anche la Germania era condannata senza riserve, ma a essa si rimproverava in modo particolarmente aspro il fatto che, nonostante



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